SAN MATTEO, MONTE CAIO
L'eremo di San Matteo
Le vellutate praterie del Monte Caio che d’inverno pigramente indugiano prima di deporre il candido abito di stagione, a settembre esplodono di esuberante vitalità per la celebrazione di due feste dal genuino sapore delle cose antiche tramandate da padre in figlio e giunte fino a noi nella loro nativa freschezza: San Nicola ad Agna e San Matteo, all’eremo (21 settembre).
E’ un appuntamento di folklore montanaro con profonde motivazioni religiose, quella di San Matteo sul Monte Caio (l'eremo è situato a 1344 mt. s.l.m.), carico di gioiosa vitalità. Per l’occasione, quel pacifico condominio delle genti delle Valli del Parma, dell’Enza, del Cedra, del Bardea, del Parmossa e del Pratica, veste i colori più vivaci ed affascinanti, prerogativa dell’autunno che sta arrivando. Si tratta di una leggiadra comparsa di fine stagione della montagna prima di licenziare definitivamente dai pascoli le ultime greggi intente a spigolare i pochi fili d’erba superstiti.
Il tradizionale invito del 21 settembre trova accoglienza in persone di ogni età; numerosi sono quelli che dimenticano le primavere ammucchiate, risalgono più o meno ansimanti, fin dalle prime ore del mattino, i sentieri strappati a suo tempo, dal fianco della montagna e che la stessa, tenta di cancellare con i detriti che il gelo e la pioggia sfaldano, complice una vegetazione spontanea quanto mai invadente.
Soprattutto gli anziani sono fedeli all’appuntamento. C’è qualche solitario che si avventura meditabondo, ma più spesso si tratta di gruppetti chiassosi che conquistano passo dopo passo, la meta.
La partenza avviene da diverse “stazioni”, dai paesi del Cornigliese, del Tizzanese, da Monchio e da Palanzano, oriundi, emigrati, turisti.
Partono anche dalla città. Sul sentiero del monte si trovano non di rado intere famiglie, gruppetti di giovani, insegnanti con qualche vivace irrequieta nidiata di scolaretti, futuri eredi di un prezioso meritato amore verso la montagna.
A spingere lassù è l’attaccamento alle tradizioni, la passione verso la montagna, quella grande passione.
Un tocco pittoresco e romantico alla festa, è dato dalle cosiddette “osterie volanti”, imbastite di frasche e di teloni, dove si cucina alla casalinga, si affetta buon salame e si mesce vino sincero, specialmente per chi non ha portato nulla con sé, il tutto condito da qualche battuta allegra e simpatica.
Altri invece salgono con lo zaino sulle spalle o con dentro qualche bottiglia, pane fresco e poco più. Infatti in quel giorno il miglior piatto è sempre stato l’allegria e il contatto con la natura, sulla mensa soffice ed ospitale delle praterie sconfinate, proprio là dove, per dirla con l’antico scrittore, “vi è un piano assai dilettevole e spazioso dove si respira un aere purissimo”.
Testo tratto dal sito Internet: turismo.parma.it
E’ un appuntamento di folklore montanaro con profonde motivazioni religiose, quella di San Matteo sul Monte Caio (l'eremo è situato a 1344 mt. s.l.m.), carico di gioiosa vitalità. Per l’occasione, quel pacifico condominio delle genti delle Valli del Parma, dell’Enza, del Cedra, del Bardea, del Parmossa e del Pratica, veste i colori più vivaci ed affascinanti, prerogativa dell’autunno che sta arrivando. Si tratta di una leggiadra comparsa di fine stagione della montagna prima di licenziare definitivamente dai pascoli le ultime greggi intente a spigolare i pochi fili d’erba superstiti.
Il tradizionale invito del 21 settembre trova accoglienza in persone di ogni età; numerosi sono quelli che dimenticano le primavere ammucchiate, risalgono più o meno ansimanti, fin dalle prime ore del mattino, i sentieri strappati a suo tempo, dal fianco della montagna e che la stessa, tenta di cancellare con i detriti che il gelo e la pioggia sfaldano, complice una vegetazione spontanea quanto mai invadente.
Soprattutto gli anziani sono fedeli all’appuntamento. C’è qualche solitario che si avventura meditabondo, ma più spesso si tratta di gruppetti chiassosi che conquistano passo dopo passo, la meta.
La partenza avviene da diverse “stazioni”, dai paesi del Cornigliese, del Tizzanese, da Monchio e da Palanzano, oriundi, emigrati, turisti.
Partono anche dalla città. Sul sentiero del monte si trovano non di rado intere famiglie, gruppetti di giovani, insegnanti con qualche vivace irrequieta nidiata di scolaretti, futuri eredi di un prezioso meritato amore verso la montagna.
A spingere lassù è l’attaccamento alle tradizioni, la passione verso la montagna, quella grande passione.
Un tocco pittoresco e romantico alla festa, è dato dalle cosiddette “osterie volanti”, imbastite di frasche e di teloni, dove si cucina alla casalinga, si affetta buon salame e si mesce vino sincero, specialmente per chi non ha portato nulla con sé, il tutto condito da qualche battuta allegra e simpatica.
Altri invece salgono con lo zaino sulle spalle o con dentro qualche bottiglia, pane fresco e poco più. Infatti in quel giorno il miglior piatto è sempre stato l’allegria e il contatto con la natura, sulla mensa soffice ed ospitale delle praterie sconfinate, proprio là dove, per dirla con l’antico scrittore, “vi è un piano assai dilettevole e spazioso dove si respira un aere purissimo”.
Testo tratto dal sito Internet: turismo.parma.it
SAN MATTEO, APOSTOLO ED EVANGELISTA
Matteo, di professione esattore delle tasse, nativo della città di Cafarnao. Chiamato da Cristo ad essere uno dei
dodici apostoli, la tradizione cristiana fin dal 200 lo ritiene anche uno dei quattro evangelisti, a lui si deve la redazione dell'omonimo Vangelo in cui lo stesso viene chiamato anche Levi o il pubblicano. Levi, in quanto pubblicano, era membro di una delle categorie più odiate dal popolo ebraico. In effetti a quell'epoca gli esattori delle tasse pagavano in anticipo all'erario romano le tasse del popolo e poi si rifacevano come usurai tartassando la gente.
Gesù passa vicino a Levi e gli dice semplicemente Seguimi (Marco 2,14). E Matteo, alzatosi, lo seguì. Immediatamente Matteo tenne un banchetto a cui invitò, oltre a Gesù, un gran numero di pubblicani e altri pubblici
peccatori.
Gesù lo scelse come membro del gruppo dei dodici apostoli, e come tale appare nelle tre liste che ci hanno tramandato i tre vangeli sinottici: Matteo 10,3; Marco 3,18; Luca 6,15. Il suo nome appare anche in Atti 1,13, dove si menzionano gli apostoli che citano la timorosa comunità sopravissuta alla morte di Gesù.
Il nome Matteo con il quale Levi è pure chiamato vuol dire Dono di Dio.
Alcuni suppongono che abbia cambiato il nome come una forma, tipica dell'epoca,per indicare il cambiamento di vita (cf. Simone, poi Pietro, o Saulo, poi Paolo).
Secondo la tradizione della chiesa, Matteo è l'autore del primo vangelo.
Secondo alcune tradizioni, Matteo sarebbe morto in Etiopia. Le sue reliquie furono portate in Campania, nella Diocesi di Capaccio. Ritrovate sotto i Longobardi furono portate il 6 maggio 952 a Salerno, dove sono attualmente conservate nella cripta della Cattedrale.
San Matteo è considerato dai popoli delle nostre zone il protettore della montagna.
Testo tratto dal sito Internet: Wikipedia, l'enciclopedia libera.
dodici apostoli, la tradizione cristiana fin dal 200 lo ritiene anche uno dei quattro evangelisti, a lui si deve la redazione dell'omonimo Vangelo in cui lo stesso viene chiamato anche Levi o il pubblicano. Levi, in quanto pubblicano, era membro di una delle categorie più odiate dal popolo ebraico. In effetti a quell'epoca gli esattori delle tasse pagavano in anticipo all'erario romano le tasse del popolo e poi si rifacevano come usurai tartassando la gente.
Gesù passa vicino a Levi e gli dice semplicemente Seguimi (Marco 2,14). E Matteo, alzatosi, lo seguì. Immediatamente Matteo tenne un banchetto a cui invitò, oltre a Gesù, un gran numero di pubblicani e altri pubblici
peccatori.
Gesù lo scelse come membro del gruppo dei dodici apostoli, e come tale appare nelle tre liste che ci hanno tramandato i tre vangeli sinottici: Matteo 10,3; Marco 3,18; Luca 6,15. Il suo nome appare anche in Atti 1,13, dove si menzionano gli apostoli che citano la timorosa comunità sopravissuta alla morte di Gesù.
Il nome Matteo con il quale Levi è pure chiamato vuol dire Dono di Dio.
Alcuni suppongono che abbia cambiato il nome come una forma, tipica dell'epoca,per indicare il cambiamento di vita (cf. Simone, poi Pietro, o Saulo, poi Paolo).
Secondo la tradizione della chiesa, Matteo è l'autore del primo vangelo.
Secondo alcune tradizioni, Matteo sarebbe morto in Etiopia. Le sue reliquie furono portate in Campania, nella Diocesi di Capaccio. Ritrovate sotto i Longobardi furono portate il 6 maggio 952 a Salerno, dove sono attualmente conservate nella cripta della Cattedrale.
San Matteo è considerato dai popoli delle nostre zone il protettore della montagna.
Testo tratto dal sito Internet: Wikipedia, l'enciclopedia libera.